Editoriale di Aldo Berlinguer – L’Unione sarda, 5 luglio 2023

Il sovranismo globale

Vanno molto di moda, in questo periodo, parole come Nazione, Patria, Interesse nazionale. E coerenti sembrano essere alcune scelte governative.

È il caso del Golden Power, esercitato raramente in passato, che il Governo ha brandito nei confronti dell’acquisizione di Pirelli (minacciato in quello di Electrolux) ed oggi anche di Whirlpool, al fine di proteggere know how, asset e occupazione legati ai siti produttivi in Italia. Ed evitare che potenze straniere particolarmente aggressive sul versante degli investimenti (Cina in testa) possano impadronirsene.

La scelta è condivisibile. Nel pensare a lungo termine occorrerebbe tuttavia chiedersi se Paesi stranieri con i quali, oggi, non andiamo troppo d’accordo, possano tornarci “simpatici” domani. Come sta avvenendo nel caso della Turchia che, da regime autocratico temuto ed isolato, si sta “rifacendo il trucco” grazie alla mediazione, con Pechino e Mosca, nella vicenda Ucraina. Accorgiamoci, inoltre, come già il nostro sistema economico sia largamente integrato con quello di altri Paesi, essendo state acquistate, negli ultimi anni, gran parte delle nostre eccellenze. Nel solo comparto della moda gli storici marchi italiani di Gucci, Bottega Veneta, Pomellato, Brioni, Dodo, Richard Ginori, Valentino, Ferrè, Loro Piana, Fendi, Emilio Pucci, Bulgari ed altri, sono passati in mani straniere.

Difendere dunque l’italianità di asset che già in parte sono in mano altrui e si collocano all’interno di mercati largamente internazionalizzati potrebbe risultare tardivo e suscitare contromisure da parte di altri paesi nei riguardi di nostre auspicabili acquisizioni estere. Insomma chiudere la stalla, quando i buoi sono già scappati, significa non solo arrivare tardi ma impedire pure che essi possano rientrare.

Lo stesso vale in altri campi, come quello delle concessioni balneari, ove si invoca l’interesse nazionale per arginare lo strapotere delle multinazionali. Ma perché non lasciar concorrere, per le stesse concessioni, anche altri italiani che legittimamente intendono investire sulla gestione delle nostre coste? Perché mantenere in auge canoni concessori estremamente esigui? Non risulta così pregiudicato proprio l’interesse nazionale che si vorrebbe tutelare?

Potremmo anche occuparci della battaglia mediatica (e non solo) contro gli alimenti generati con le nuove biotecnologie o contro quelli derivanti da colture di insetti. Questi alimenti, secondo alcuni, offenderebbero la tradizione culinaria italiana. Ma non è forse vero che la tecnologia viene già oggi largamente utilizzata per produrre cibi più sani e verificati? Non rischia dunque di essere questa una battaglia di retroguardia?

Da ultimo, il tema della maternità surrogata, che il Governo vorrebbe rendere reato universale, al fine di poter sanzionare anche gli italiani che la compiono all’estero. Un intento, quest’ultimo, che potremmo definire di “sovranismo globale”, mirato cioè a punire anche coloro i quali compiono l’atto censurato in luoghi e tempi ove è considerato lecito. Ma questo proposito (assai opinabile in sé) non potrebbe produrre anch’esso effetti indesiderati? Come, ad esempio, incoraggiare gli afgani (che già affermano lo statuto personale del musulmano) a incarcerare le loro donne che, in Italia, non hanno messo il burqa; o incentivare i sauditi a mandare al patibolo le coppie Lgbt che sono venute ad amoreggiare nel Belpaese?

E che dire, infine, del rifiuto di Ungheria e Polonia di ricollocare i migranti che approdano sulle coste italiane? Non è anche questo un esercizio di sovranismo?

Insomma, fare l’interesse del proprio Paese è sacrosanto. Attenzione però a distinguere la retorica dalle misure concrete e non alimentare egoismi e chiusure. Nel contesto europeo ed internazionale di oggi le misure improntate al sovranismo, anche laddove ammissibili, potrebbero non funzionare. Anzi, rischiano di determinare effetti controproducenti. E a volte, si sa, la cura è peggiore del male.

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