Il socialismo individualista – Editoriale di Aldo Berlinguer – L’Unione Sarda del 04/11/2022

Il socialismo individualista

Hanno fatto il giro d’Italia le immagini del rave party di Modena e del relativo sgombero: l’ennesima manifestazione abusiva che il governo appena insediato ha gestito senza incorrere in tafferugli, vittime e con mano ferma, sino all’esodo dei partecipanti.

Ovviamente, l’episodio non poteva non gettare alcune ombre su eventi simili che, negli anni scorsi, si sono puntualmente verificati con ben altro esito: stupri, morti, danneggiamenti. Il che dimostra che, anche a legislazione invariata (inutile e sbagliato introdurre nuove fattispecie di reato) i rave party possono essere scongiurati e con essi il degrado che comportano.

Ma in molti, specie a sinistra, non riescono a capacitarsi; anzi, denunciano l’indebita restrizione dei diritti e delle libertà; l’abuso del potere verso cittadini inermi cacciati senza ragione. Non importa che siano state diffuse le immagini di un edificio pericolante, consumo e vendita di stupefacenti, gente svenuta, rifiuti abbandonati ovunque. Prevale l’irritazione per l’esodo forzato.

Torna dunque in mente una battuta di Enrico Berlinguer quando disse che il governo ideale sarebbe tutto di sinistra salvo che per il Ministero dell’interno: “li non siamo attrezzati”. Perché ci riporta alla memoria una atavica e malintesa idea di tolleranza: quella che, trascurando il danneggiato (come di solito è il proprietario del luogo occupato), si rivolge al danneggiante; che ignora il prevaricato e indulge al prevaricatore. Con l’ulteriore esito di alimentare, nella società, la percezione dell’ingiustizia e conseguenti vagiti intolleranti e autoritari.

Non solo, emerge​ una singolare visione dei rapporti tra individuo e Stato che in alcuni campi, come la giustizia, appare fortemente illiberale, legittimando processi infiniti, misure restrittive abnormi e strumenti di indagine estremamente invasivi per gli indagati. Dall’altra, in tema di ordine pubblico, si scopre invece assai tollerante, sino a consentire che lo spaccio di stupefacenti o le violenze sessuali si realizzino impunemente, sotto gli occhi di tutti. Insomma, tolleranza per chi delinque in libertà, accanimento per​ chi è dietro le sbarre.

E non è neppure chiaro a quali modelli si ispiri questa singolare visione della società. Non certo a quello liberale, nel quale le libertà non sono comprimibili dal sistema pubblico, figuriamoci dai privati (non sarebbe infatti mai tollerato, in quei sistemi, occupare e danneggiare la proprietà di alcuno nella palpabile indifferenza della forza pubblica). Non a quelli collettivisti che mai accetterebbero che l’arbitrio di pochi possa andare a detrimento della comunità. Anzi, notoriamente, proprio i regimi comunisti sono i più severi quando si tratta di ordine pubblico.

Sorge quindi il dubbio che questa singolare posizione ideologica sia riconducibile a una ricetta tutta italiana di socialismo, che tenta di conciliare individuo e comunità esaltando ambedue al contempo. Secondo un archetipo collettivistico-individualista che brandisce le regole e ne consente l’elusione; una formula senza eguali altrove.

Non solo, questa deriva ideologica, che si nutre della retorica dei diritti e dell’eguaglianza finisce con legittimare tutto il suo contrario. Essa alimenta infatti la peggiore delle disuguaglianze, quella dinanzi alla legge, tra chi non può svolgere raduni organizzati senza soggiacere a decine di adempimenti e chi li svolge abusivamente senza alcuna conseguenza.

Lo sa bene chi organizza eventi, concerti, manifestazioni culturali e deve ogni volta preoccuparsi del pagamento dei diritti sulla musica, dei limiti acustici, delle normative antincendio, della sicurezza, del personale, dei rifiuti.. ecc. Cosa dire a costoro, che rispettano le regole e generano PIL, gettito fiscale e occupazione, della “tolleranza” verso chi se ne infischia e va avanti lo stesso?

Quando riusciremo a capire che la diseguaglianza dinanzi allo Stato è la peggiore delle diseguaglianze? Che l’ordine pubblico non è​ un vezzo della destra ma una grande priorità sociale specie per i più deboli e vulnerabili, che non hanno una vigilanza privata?

Presto alcuni partiti affronteranno il congresso: non sarebbe forse il caso che, oltre alla conta dei voti, si tornasse a riflettere sul sostrato identitario, di concetti e valori, che sta alla base della propria offerta politica?

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