Quei cori stonati sul Quirinale – Editoriale di Aldo Berlinguer, ne L’Unione Sarda

Quei cori stonati sul Quirinale

Continua il toto-quirinale e si leva il coro di tanti esponenti politici: Draghi resti a Palazzo Chigi -dicono- e si trovi l’intesa su un candidato al Colle. Serve continuità, aggiungono, nella gestione della pandemia e del PNRR.

Il coro è però stonato. Anzi, è un vero e proprio frastuono per almeno tre ragioni. Primo: molti di coloro che oggi ritengono imprescindibile Draghi, meno di un anno fa ne avversavano la premiership. Da strenui sostenitori del governo Conte-bis si rifiutavano di immaginare qualsiasi alternativa e pronunciarono parole di fuoco al momento della sua conclusione. Eppure, eravamo già nel bel mezzo della pandemia e col PNRR avviato. Perché ora immaginano risolutivo solo e unicamente Draghi? Secondo: altri che vorrebbero mantenere Draghi al governo non possono certo dirsi disinteressati: infatti vorrebbero che al Colle andasse Berlusconi. E siccome al Colle siede un solo Presidente, Draghi è meglio che resti dov’è. Terzo: l’eventuale ascesa di Draghi al Quirinale, più che la gestione della pandemia o il PNRR, metterebbe a rischio la tenuta del governo e con essa un anno di legislatura che si accorcerebbe così con una nefasta ricaduta sulle tasche dei parlamentari, specie quelli che non saranno rieletti, visto il taglio praticato dal referendum costituzionale. Ovvio quindi che essi preferiscano lasciare Draghi (e il proprio emolumento) esattamente come e dove sono oggi.
Insomma, per tutte le ragioni citate, viene da chiedersi se, nell’invocare la continuità governativa di Draghi, primeggi l’interesse del Paese o piuttosto quello dei singoli attori di questa commedia quirinalizia con tutte le sue comparse, vere o fasulle. Certo, ci sono anche gli autentici sostenitori della necessaria continuità dell’agenda Draghi ma quanti sono? Quanto pesano?

Si tenga anche conto che alla prossima tornata elettorale ciascuna forza politica farà la propria corsa e baderà ai propri interessi. Difficilmente il leader politico che risulterà vincitore si farà da parte per lasciare spazio ad un tecnico come Draghi. Pertanto, optare per una brevissima permanenza di quest’ultimo a Palazzo Chigi e poi lasciarlo in balia degli imprevedibili esiti della campagna elettorale non credo che sia una soluzione orientata alla stabilità del Paese.

Per contro, avere Draghi al Quirinale dal 2022 ed un governo retto sino a fine legislatura da qualunque dei Ministri chiave che già oggi lo sorreggono produrrebbe l’agognato effetto “continuità” senza lasciare spazio alle peripezie della nostra politica imprevedibile e inconcludente. Non sfugge infatti a nessuno che una Presidenza della Repubblica incarnata da Draghi continuerebbe ad assicurare al Paese il prestigio internazionale dell’attuale premier ed avrebbe un’impareggiabile, conformatrice influenza sull’azione di qualsiasi futuro governo.

Insomma, teniamocelo stretto Mario Draghi ma mettiamolo in condizione di garantire al Paese un periodo sufficientemente lungo di stabilità. Tutto ciò che affidiamo alla proverbiale politichetta nostrana (lo sappiamo) assume, come per incanto, una dimensione inattendibile, impalpabile e contingente: proprio ciò di cui il Paese non ha nessun bisogno.

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