Quelle isole di un Dio minore. Editoriale di Aldo Berlinguer. L’Unione sarda 12 settembre 2023

Quelle isole di un Dio minore

Il dibattito sull’insularità, suscitato dalla recente riforma costituzionale (art.119, 6. comma), si è subito polarizzato attorno alle due più grandi isole del Mediterraneo, Sardegna e Sicilia. Rischia invece di passare in second’ordine il problema delle cosiddette isole minori, cioè quelle che hanno una superficie inferiore ai 1.000 km².

Non si tratta di poca cosa, visto che esse ospitano 200 mila residenti e riguardano 35 Comuni italiani. Ma la loro dimensione è piccola (224 km² l’isola d’Elba, 115,6 km² Sant’Antioco, 84,5 km² Pantelleria; solo altre tre hanno più di 40 km² (San Pietro, Asinara, Ischia)).

A questi territori non è stata data una definizione. Non è certo il loro numero, visto che esso varia a seconda dei provvedimenti che si adottano (a fini di approvvigionamento idrico sono 39 (l.307/1950). Nel 2002, la legge di bilancio ne individua 55 (più una lacustre, Monte isola). Per la Strategia delle aree interne (Snai, 2022) sono 26. Manca del tutto una loro visione d’insieme.

Una cosa è però certa: questi piccoli territori soffrono, ben più di ogni altro, la loro condizione insulare e dunque meriterebbero un’attenzione ancora più ampia proprio alla luce del nuovo precetto costituzionale e obbliga la Repubblica a riconoscere le loro peculiarità e a rimuovere gli svantaggi che derivano dall’insularità. Ma, a tutt’oggi, non è affatto così.

E’ vero, il PNRR ha stanziato 200 milioni di euro, secondo i criteri di ripartizione fissati con decreto del Ministero della Transizione Ecologica (n. 390/2021). Ma, anche qui, i beneficiari del finanziamento sono 13 Comuni delle 19 isole minori non interconnesse (Giglio, Capraia, Ponza, Ventotene, Tremiti, Lipari, Malfa, Santa Marina Salina, Leni, Ustica, Favignana, Pantelleria e Lampedusa) mentre molte altre, specie in Sardegna, sono rimaste fuori.

Si cerca anche di dotare 18 isole minori di un collegamento sottomarino in fibra ottica per rispondere alle crescenti esigenze di connettività delle famiglie, imprese ed enti. Ma si trascurano due aspetti essenziali: il riordino amministrativo e la riorganizzazione dei servizi pubblici (scuola e sanità in particolare), che appaiono altrettanto prioritari, oltre che prodromici ad altri investimenti. Basti pensare che solo quattro comuni isolani minori hanno un pronto soccorso (la Maddalena, Pantelleria, Lipari e Anacapri). Solo l’Isola dell’Elba ha un Dea (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di primo livello, mentre Favignana ha un poliambulatorio. Altri Comuni hanno solo una guardia medica. Altri ancora non hanno alcun presidio sanitario.

Si aggiunga che la più parte di questi luoghi, per loro bellezza e attrattività, richiamano nel periodo estivo milioni di persone. Per cui, il già squilibrato rapporto tra prelievo fiscale e servizi che lo Stato rende agli abitanti di queste isole viene ulteriormente peggiorato da una vorticosa impennata della domanda, da parte dei tanti turisti, italiani e stranieri, che si riversano su questi territori.

Il fenomeno è a tutti noto ma nessuno dice che questi utenti risiedono e pagano le imposte nei loro territori di provenienza, così determinando quel famoso residuo fiscale che alcune Regioni brandiscono come argomento utile a promuovere l’autonomia differenziata. Nei mesi estivi, però, i servizi che richiedono sono ubicati in queste realtà balneari. E ciò genera quel collasso che chiunque abbia avuto bisogno, durante le vacanze, conosce bene. Quando questo accade, non ce n’è per nessuno: residenti o turisti che sia. Ma, finita la stagione tutto torna come prima e quando arriva la legge di bilancio ce ne siamo già scordati.

Su questi ed altri problemi, il Governo ha organizzato, negli scorsi giorni, un “Forum risorsa mare” a Trieste. Anche altri soggetti se ne stanno occupando, come ANCIM, CNR e l’Osservatorio insularità di Eurispes. Speriamo che sia la volta buona per trovare, oltre alle consuete analisi, anche qualche soluzione.

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